L’emergenza dovuta al diffondersi della pandemia di Covid-19 ha messo a durissima prova – soprattutto da un punto di vista economico – tutti i settori del lavoro: sia per quanto riguarda attività pubbliche o legate al mondo dell’istruzione, sia per quanto riguarda, in generale, il settore industriale, dei mercati finanziari e del settore terziario, legato a bene e servizi.
Siamo sempre cittadini di un mondo globale, tuttavia, per fare fronte all’emergenza, ogni nazione ha agito in modalità indipendente e individuale, con le relative complessità e connessioni economico-politiche derivate. Sorge dunque spontaneo domandarsi se sia d’obbligo subire o costruire un nuovo futuro (tecnologico e non).
A livello di innovazione, adesso all’Unione Europea viene richiesto un deciso cambio di paradigma, che sarà necessario per evitare di uscire da questa emergenza con danni economici e sociali ancora più gravi di quelli che stiamo vedendo. Sarà necessaria per i Paesi membri una decisa politica di collaborazione sul tema, così da riuscire nell’impresa di superare gli effetti sanitari, sociali e – soprattutto – economici dell’emergenza e avviare un forte programma di rilancio dell’economia, difendendo gli asset strategici europei.
In principio c’è stata dunque un’iperglobalizzazione, a mano a mano sostituita da delle governance globali intelligenti, le quali però si sono dovute scontrare con diverse problematiche, tra tutte quelle legate agli aspetti politici e sociali delle singole nazioni e quelle connesse con quei meccanismi transazionali che nutrono diverse difficoltà nel dare sostentamento ad una globalizzazione economica su vasta scala.
A questo punto, viene quasi spontaneo chiedersi quale potrebbe essere la giusta visione per un’innovazione sostenibile. E anche, aggiungiamo, che cosa andrà inteso, d’ora in poi, quando si parlerà di sense of community. Senza ombra di dubbio, il focus verrà messo su una tipologia di innovazione ancora più responsabile riguardo ai nostri modelli di vita. Gli investimenti che riguardino un’innovazione improntata allo sviluppo di una crescita responsabile e sostenibile saranno alla base di nuove forme di interazione sociale e di produzione di beni e servizi.
Risulta molto difficile non concordare con quanto affermato da Fulvio Ananasso, Presidente Stati Generali dell’Innovazione e Consigliere Club Dirigenti Tecnologie dell’Informazione, il quale considera “fortemente auspicabile che parte degli stanziamenti mobilitati per combattere il coronavirus e la successiva ricostruzione economica fossero destinati a investimenti urgenti per stimolare l’Innovazione, specialmente proteggendo ed incentivando le micro/piccole e medie imprese (PMI) vitali per il nostro tessuto produttivo, protagoniste indiscusse di Open Innovation ma minacciate dagli sconvolgimenti del Covid-19 e dai rischi di esistenza stessa per via delle posizioni dominanti dei grandi gruppi che sopravvivranno”.
Come è universalmente riconosciuto, l’innovazione sociale deve necessariamente passare attraverso reti collaborative. Questo aspetto è stato sottolineato anche nell’ultimo rapporto del CERIS (Centro di ricerche internazionali sull’innovazione sociale costituito all’interno dell’Università LUISS Guido Carli): IN Italia le reti rappresentano circa il 41% dei promotori dell’innovazione sociale.
Riguardo a questo, Patrizia Messina, Direttrice del Centro Interdipartimentale di Studi Regionali dell’Università degli Studi di Padova, ha le idee chiare: “Porre l’accento sulle reti ibride e sull’innovazione sostenibile come ibridazione vuol dire superare il vecchio paradigma dell’innovazione, solo tecnologica, tipica del fordismo, per lasciare il posto alla dimensione delle creatività, che mette l’accento sulla capacità di interconnessione, reinterpretazione e costruzione di senso, attraverso la configurazione di un ‘nuovo prodotto’.”.
La tematica dell’innovazione sostenibile si impone oggi su tutto e tutti e ci permette di avere una declinazione locale anche per quella globalizzazione che aveva tentato di far convogliare ogni realtà in un solo standard.
Negli ultimi tempi si è disquisito parecchio circa le relazioni tra quanto detto poca fa, l’ambiente e la situazione generatasi dal diffondersi del covid-19. Non abbiamo certezze da questo punto vista, l’unica cosa che conosciamo bene è la nostra “insostenibilità” come comunità umana in relazione all’ambiente che ci circonda.
Come l’innovazione possa inserirsi in questo problema e generare opportunità, oltreché soluzioni, resta ancora fonte di dibattito. Quello che possiamo dire è che pensare ad un’innovazione che sia sostenibile non è più un optional, ma deve essere considerata una priorità non più rimandabile per gli anni a venire.
Riprendendo e parafrasando quanto detto da Fulvio Ananasso, è necessario che l’innovazione (sostenibile) venga fortemente stimolata attraverso investimenti ingenti e urgenti, soprattutto in relazione a tutte quelle piccole e medie imprese che rappresentano una parte vitale del nostro tessuto produttivo.